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Platone

 

Di solito, su internet, si trova questa riflessione attribuita a Platone, tratta dalla sua opera ΠΟΛΙΤΕΙΑΣ Η (Repubblica, libro VIII):


Quando un popolo, divorato dalla sete della libertà, si trova ad avere a capo dei coppieri che gliene versano quanta ne vuole, fino ad ubriacarlo, accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, son dichiarati tiranni. E avviene pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito un uomo senza carattere, servo; che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari e non è più rispettato, che il maestro non osa rimproverare gli scolari e costoro si fanno beffe di lui; che i giovani pretendono gli stessi diritti, le stesse considerazioni dei vecchi e questi, per non parere troppo severi, danno ragione ai giovani. In questo clima di libertà, nel nome della medesima, non vi è più riguardo né rispetto per nessuno. In mezzo a tale licenza nasce e si sviluppa una mala pianta: la tirannia.


E se provassimo a leggerla, nella sua forma dialogica, dall'originale con testo greco a fronte ?





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